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Ecco il racconto di Sarah Barberis, una donna di 30 anni che ha frequentato le attività dell'Associazione Sarabanda, da me fondata, dall'età di 5 anni. Crescere con la Danza é il titolo del progetto che Sarabanda dal 1987 dedica a bambini e adolescenti... E qui é veramente appropriato!

 

Se mi muovo danzo, se non mi muovo danzo.

 

Se mi chiedono cosa mi piace rispondo spesso che mi piace danzare e guardare le persone che danzano.

Sono piccola, salgo sul tavolo e piego le gambe, mi abbasso e risalgo: questa è la mia danza. Vedo i miei familiari che mi guardano e mi sorridono.

Danzo muovendo il corpo. Ricordo anche qualche tutù rosa, con le braccia in una posizione o in un’altra, con le punte ben dritte. Applausi. File dritte. E’ durato poco, è arrivata Sarabanda, non ricordo quando, così come certe mattine non distinguo il sonno dalla veglia.

Sento la voce di Elena che conta “e uno, due, tre e quattro” ma come se i numeri fossero un’onda, con la voce che sale, inspira, scende ed espira. Percepisco il pavimento di legno morbido, accoglie le mie cadute e risponde ai miei salti, ogni asse risuona al peso in modo diverso. Ne ricordo il suono. Scopro, mentre scopro che le A sono A e le Z sono zeta, che il mio corpo può aprirsi, chiudersi, avvolgersi, fermarsi, cadere e ondeggiare, ruotare sull’asse, sbilanciarsi, posso diventare serpente e stagione, risacca e tempesta, fulmine e terra, fuoco brace o fiamma viva.

Danzo muovendo il corpo nello spazio. Non sono sola. Ci sono altre bambine, che hanno corpi diversi dal mio e ognuna danza il proprio serpente, fiamma e fulmine. Imparo i movimenti preferiti di ciascuna all’età in cui imparo il mio colore preferito e quello della mia migliore amica. Impariamo le sequenze di movimenti, a massaggiarci le schiene a vicenda, come gli animali si spulciano e si prendono vicendevole cura.

Ci stendiamo a terra, chiudiamo gli occhi e sogniamo insieme danzando, all’età in cui mi chiedono di scrivere un tema sulla famiglia sul quaderno a riga unica. Danzo muovendo il corpo nello spazio e con gli altri.

Poi lo sviluppo, il movimento si arricchisce di improvvise pulsioni misteriose, il corpo si fascia di carne incontrollabile. La rabbia, la gioia, la complicazione, l’oscuro sé, il ribelle, diventano elementi di una coreografia disarmonica e necessaria.

Potevo ancora entrare in quella sala, nulla sfuggiva alla danza, neanche quell’adolescenza che non sapevo come sistemare, che non si poteva sistemare, ma che almeno a Sarabanda potevo danzare.

Danzo muovendo il mio corpo nello spazio con gli altri nelle mie emozioni.

Oggi guardo il corpo del mio nipotino appena nato, la forza con cui calcia l’aria, piega le ginocchia, s’inarca, volge lo sguardo in alto, piega le mani intorno al mio dito, ne intravedo la danza, lo srotolarsi, l’aprirsi e il contrarsi. Se lo guardo intuisco una coreografia vitale che vedo appartenere a ognuno, nei movimenti di ogni giorno, quando apro una porta o accarezzo un viso.

Se mi muovo danzo, se non mi muovo danzo. Se c’è spazio danzo, se non c’è spazio danzo, se ci sono gli altri danzo, se non ci sono danzo. Se ho un corpo sto già danzando.

 

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